Le Isole Marshall contro le Potenze nucleari: la sfida apparentemente impari s’è questa volta chiusa con la sconfitta di Davide, ma merita di essere raccontata.
Il 24 aprile del 2014 la Repubblica presidenziale delle Isole Marshall ha adito la Corte internazionale di Giustizia (CiG) per vedere accertata la responsabilità degli Stati che attualmente detengono, a vario titolo, armi nucleari (Usa, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord), per non aver intrapreso azioni concrete volte a raggiungere il disarmo completo ed effettivo, in violazione dell'art. 6 del Trattato di Non Proliferazione Nucleare e del diritto consuetudinario.
Si trattava di un’iniziativa senza precedenti che è stata accolta con entusiasmo ed eccitazione da parte dell’opinione pubblica: la Corte avrebbe potuto finalmente chiarire quale sia la portata e il valore da attribuire all’obbligo di disarmo nucleare nel diritto internazionale, se non addirittura condannare i Paesi convenuti per il mancato rispetto dell’obbligo in questione.
La vicenda, inoltre, presentava indubbio fascino anche dal punto di vista meramente simbolico: a sfidare le nove grandi potenze era la Repubblica delle Isole Marshall, un piccolo Stato del Pacifico, teatro di ben 67 esperimenti nucleari tra il 1948 e il 1956, i cui effetti nefasti ne hanno irrimediabilmente devastato l’ecosistema.
Il 5 ottobre 2016, la Corte, con una maggioranza di 9 giudici a 7, ha però dichiarato di non potere procedere ad esaminare nel merito la questione, sostenendo che "non esiste controversia". Al di là delle speranze, una decisione di tale tipo era ampiamente prevedibile.
In primo luogo, sussistevano forti perplessità sulla competenza della CiG: solo nei confronti di Regno Unito, India e Pakistan il processo aveva avuto avvio, essendo gli unici dei nove convenuti ad aver effettuato la dichiarazione di accettazione preventiva della competenza della Corte ai sensi dell’art. 36, paragrafo 2, dello Statuto, tra l’altro apponendo numerose riserve. In secondo luogo, la CiG ha sempre mostrato una certa reticenza ad intervenire in questioni così politicamente sensibili.
Ciononostante, la vicenda per la sua unicità e per le interessanti considerazioni ad essa collegate costituisce un ottimo spunto per procedere a un’analisi della normativa internazionale sul disarmo nucleare, anche alla luce della rilevanza che la questione assume nell’attuale dibattito internazionale.
L’obbligo di disarmo nucleare nel diritto pattizio … Per chiarezza espositiva, iniziamo dal diritto pattizio, esaminando quanto previsto in materia dal Trattato di Non Proliferazione Nucleare, la più importante fonte di regolamentazione internazionale dell’energia nucleare.
Tale trattato sancisce la distinzione degli Stati parti in due distinti gruppi: i Nuclear Weapon States (Usa, Russia, Regno Unito, Francia e Cina), gli unici che possono legittimamente detenere le armi atomiche, e i Non Nuclear Weapon States, i quali, aderendo al TNP, sono obbligati a non avere armi nucleari e a limitare lo sfruttamento dell’energia nucleare esclusivamente per scopi pacifici.
Come contraltare di tale rinuncia, i Nuclear States si sono impegnati anche a condurre e concludere in buona fede negoziati sul disarmo nucleare sotto stretto controllo internazionale, a porre fine alla corsa agli armamenti e a ridurre progressivamente i propri arsenali, come espressamente previsto dall’art. 6 del TNP.
Sebbene l’interpretazione di tale norma sia stata oggetto di un acceso dibattito tra i Paesi nucleari e non, oggi non può non ritenersi che essa abbia una portata precettiva. In altre parole, dal citato art. 6 discende un vero e proprio “obbligo di risultato” in capo ai Nuclear States: essi sono, cioè, giuridicamente obbligati a raggiungere l’effettivo e completo disarmo nucleare e a porre in essere azioni concrete a ciò finalizzate. In senso conforme si pronunciano la dottrina prevalente e la stessa Corte di Giustizia nel “Parere sulla liceità della minaccia e dell’Uso delle armi nucleari”.
… e nel diritto consuetudinario Molto più controverso è se l’obbligo in questione si sia ormai consolidato nel diritto internazionale consuetudinario. L’accertamento di tale circostanza non costituisce un mero esercizio accademico, ma riveste un’importanza fondamentale, in quanto India, Pakistan, Israele e Corea del Nord non sono parti del TNP.
Le Isole Marshall nelle loro memorie, per provare il formarsi dell’opinio juris, citano numerose risoluzioni adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e dal Consiglio di Sicurezza e riportano quanto affermato dalla Corte nel Parere sopra citato, nel quale sembra ammettersi che l’art. 6 del TNP si sia ormai cristallizzato nel diritto consuetudinario, anche se, dall’esame delle varie dissenting opinions, si può facilmente osservare come non vi sia consenso sul punto anche tra gli stessi giudici della CiG.
Sebbene la tesi prospettata non appaia del tutto priva di fondamento, in assenza di una pronuncia chiarificatrice da parte della Corte, permane una forte incertezza sulla sua condivisibilità.
Il disarmo nucleare nel XXI secolo: prospettive e riflessioni L’iniziativa delle Isole Marshall, sebbene non abbia prodotto risultati concreti, costituisce, comunque, un’ulteriore riprova dell’insofferenza dei Non Nuclear Weapon States nei confronti delle condotte incoerenti, oltre che contra legem, tenute dagli Stati nucleari.
Ciò non deve sorprendere: nell’attuale contesto storico, i privilegi e i poteri di cui godono, e dietro cui si trincerano, i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza sono sempre più invisi alla comunità internazionale e forti sono le spinte per un riordinamento più equitativo, o comunque meno anacronistico, degli assetti di potere.
La sistematica violazione degli obblighi concernenti il disarmo nucleare da parte dei Nuclear States, oltre a costituire la principale giustificazione per i Paesi che de facto detengono l’atomica, corre il rischio di provocare la disaffezione al TNP, oggetto di conferenze di riesame periodiche, che potrebbe avere come conseguenza il riavvio di una corsa agli armamenti indiscriminata.
Sarebbe dunque fondamentale dare avvio al più presto ai negoziati tanto agognati, anche se le attuali circostanze, purtroppo, non lasciano ben sperare. Va però almeno ricordato che, sulla base di una proposta austriaca, frutto dell’iniziativa sull’impatto umanitario delle armi nucleari, è ormai approdata a una conferenza ad hoc delle Nazioni Unite, dopo essere stata discussa a tre riprese in ambito internazionale, l’idea di abolire le armi nucleari.
Pasquale Simonelli, laureato in Giurisprudenza – Diritto Internazionale.
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