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Metodo di ricerca ed analisi adottato

Il medoto di ricerca ed analisi adottato è riportato su
www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com
Vds. post in data 30 dicembre 2009 seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al medesimo blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

Ricerche e Tesi di Laurea e di Dottorato

L'utilizzo dei dati di questo blog può essere più proficuo tenendo presente il volume di M. Coltrinari, L. Coltrinari, La Ricostruzione e lo studio di un avvenimento militare, Roma, edizione nuovacultura, 2009, nelle parti:
Capitolo II, b. La tecnica procedurale
Capitolo IV, a. La documetazione a Corredo
Alegato. Schema per una tesi di Laurea o di dottorato
a. L'attività concettuale
b. L'attività gestionale
c. L'attività esecutiva
(ulteriori informazioni scrivere alla email ricerca23@libero.it, )
Il volume è disponibile in tutte lelibrerie e presso la Casa Editrice, Nuova Cultura, al sito www.nuovacultura.it

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lunedì 23 dicembre 2013

Auguri


A tutti i lettori e gli amici di questo blog


I più sinceri auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo

mercoledì 18 dicembre 2013

Australia: accordo bilaterale con gli Stati Uniti

Australia

australia IDU 57

In data 20 Novembre 2013, il Segretario della Difesa statunitense Hagel ha annunciato che, nel mese di dicembre, Australia e Stati Uniti inizieranno il negoziato che porterà alla firma di un accordo bilaterale che disciplini la presenza fissa di truppe americane nel nord dell'Australia, nonché eventuali e future iniziative militari congiunte tra i due Paesi.
La notizia giunge in seguito all'incontro tra Hagel e il Segretario di Stato americano Kerry con i propri omologhi australiani, Julie Bishop e David Johnson, in occasione dei recenti colloqui bilaterali annuali tra i due Paesi.
Il piano americano, annunciato dal Presidente Obama nel novembre 2011, prevede la costituzione di una Marine Air Ground Task Force attraverso il dislocamento di una Marine Expeditionary Unit presso la base di Darwin, nel Territorio del Nord. I Marines presenti in loco sono attualmente 250 e diventeranno circa 1.150 già l'anno prossimo, per poi salire a circa 2.500 entro il biennio 2016/2017.
Secondo fonti delle Forze Armate australiane, alla componente anfibia dovrebbe presto aggiungersi una componente aerea, di stanza presso le basi della Royal Australian Air Force. La componente ad ala rotante dovrebbe includere quattro elicotteri da trasporto pesante ed essere dislocata presso la base di Darwin, mentre la componente ad ala fissa dovrebbe trovare posto presso la base aerea di Tindal e provenire direttamente o dagli Stati Uniti o dalle basi americane in Giappone di Misawa (F-16) e di Kadena (F-15).
Nel 2012 il governo australiano ave! va confermato come le trattative tra i due Paesi includessero anche lo schieramento di droni americani a lungo raggio. Gli UAV, probabilmente RQ-4 Global Hawks destinati a compiti di ricognizione, verrebbero operati dalle Isole di Cocos (Keeling), localizzate al largo dello Sri-Lanka. Nessuna decisione definitiva è stata ancora presa.
L'iniziativa si inserisce chiaramente nel quadro di una razionalizzazione della presenza statunitense a livello globale e di uno spostamento del proprio baricentro strategico verso la regione dell'Asia-Pacifico, in ossequio ad una ritrovata attenzione politica e militare nei confronti dei numerosi fattori di instabilità geopolitica della regione.
Di conseguenza, l'accordo con l'Australia restituirà agli Stati Uniti una presenza stabile e sostanziale nei pressi del Mar Cinese Meridionale, una delle maggiori vie commerciali del mondo. La presenza dei Marines, quindi, è un ulteriore passo avanti verso il rafforzamento del dispositivo militare statunitense nell’intera area, volto a controbilanciare il crescente protagonismo cinese nei confronti dei propri vicini.

giovedì 5 dicembre 2013

Globalizzazione: Sicurezza informatica

Caso Snowden
Crescono i guardiani della sicurezza informatica
Laura Mirachian
27/11/2013
 più piccolopiù grande
Nessuno degli europei negò il proprio fiancheggiamento agli Stati Uniti alla conferenza mondiale sulle telecomunicazioni organizzata in dicembre a Dubai dall’International Telecommunication Union (Itu). Opportunamente, il testo finale non fu messo ai voti per non evidenziare la frattura prodottasi tra Occidente da un lato e Russia e Cina, sostenuti da Brasile, India e larga parte della comunità internazionale dall’altro. La contrapposizione verteva su due punti contenuti da una clausola, solo apparentemente innocua (perché tecnicamente riferibile agli spam). Questa conferiva ai singoli stati il potere di “adottare misure per prevenire comunicazioni elettroniche indesiderate” e anche quello di “ minimizzare il loro impatto sul circuito internazionale delle telecomunicazioni”.

Governare internet
Nè aveva convinto l’escamotage del segretario generale Hamadoun Touré (Mali) di relegare in un allegato il passaggio “to foster an enabling environment for the greater growth of the Internet” (per promuovere un ambiente favorevole per la maggiore crescita di Internet). Si trattava del primo tentativo in assoluto di aprire la strada a un governo internazionale di Internet sotto l’egida dell’Itu, organizzazione collegata alle Nazioni Unite, una vera “rivoluzione” nel controllo dello strumento notoriamente assunto in esclusiva dall’americana Internet corporation for assigned names and numbers (Icann).

Da un lato l’Occidente suonò il campanello d’allarme contro il rischio di legalizzare la censura, così spesso praticata da taluni paesi non propriamente democratici, e a difesa della libertà di comunicazione. Dall’altro, e soprattutto, si preoccupò non poco che l’Itu, sia pur limitandosi a principi generali confinati in un allegato, delineasse l’ipotesi di estendere le proprie competenze allo strumento di Internet, e che si potesse immaginare che nel futuro del funzionamento e sviluppo di Internet entrasse a far parte il resto del mondo. Su 144 partecipanti sottoscrissero l’intesa 89 paesi, fra i quali appunto Cina e gli altri Brics.

Ma la questione rimane di attualità, perché una risoluzione in chiusura di conferenza ha invitato Touré a continuare nei passi necessari per rivestire un ruolo attivo nel modello multilaterale di Internet.

Nuova luce
Il caso Snowden getta ora nuova luce sull’andamento delle dinamiche intorno al governo di Internet. Rivelando che, al di là del “contenzioso” tra Occidente e larga parte della comunità internazionale (Russia e Cina in primis), vivaci recriminazioni esistono anche in ambito occidentale quanto alle modalità della gestione americana della sicurezza.

Pur nella piena condivisione dell’obiettivo di contrasto a terrorismo ed attività illecite, gli europei mostrano forte disagio sulla pervasività delle operazioni della National Security Agency (Nsa) soprattutto nei confronti di paesi alleati, e addirittura delle loro leadership, di cui dovrebbe scontarsi una stretta collaborazione.

Viene infatti in rilievo la protezione di interessi commerciali, di brevetti industriali, di strategie economiche. Al contempo si cerca il necessario equilibrio tra sicurezza e due fondamentali diritti umani, il diritto alla privacy e alla libertà di espressione.

Non è chiaro se sia trattato di applicazione extra-territoriale del Patriot Act, con l’attiva collaborazione di Gran Bretagna e pochi altri “fedelissimi”, ovvero di una sorta di “delega in bianco” più o meno tacitamente conferita a Stati Uniti e Gran Bretagna dagli stessi alleati, e quindi di un gioco delle parti in cui ognuno ha poi dovuto rispondere alle proprie opinioni pubbliche.

Sta di fatto che per la prima volta, gli Stati Uniti si sono trovati a dover giustificare, rassicurare, prospettare rettifiche dei metodi esistenti. E Londra ad inaugurare una trasparenza nei confronti del proprio parlamento senza precedenti. Senza contare l’esibito imbarazzo delle stesse società americane del settore informatico che si sono precipitate a rassicurare clienti e utilizzatori sul rafforzamento dei propri meccanismi interni di protezione dati.

Le più vivaci recriminazioni sono giunte dalla Germania, primissimo produttore di brevetti e principale esportatore al mondo, che, dopo aver tentato di introdurre il capitolo sicurezza informatica nei negoziati Ue-Usa per una Partnership Transatlantica su Commercio e Investimenti ha optato per una risoluzione dell’Onu a difesa della privacy in un’inedita sinergia con il Brasile.

Rischi
E peraltro, voci autorevoli si levano sul rischio che la condotta della Nsa finisca per portare a una “balcanizzazione” di Internet quale risultante di misure statali intese a recintare il mercato nazionale per difenderlo dall’attività di spionaggio. Frontiere digitali, o peggio, protezionismo informatico. Con rischio di danni economici enormi.

Tanto vale, si suggerisce in Europa, che gli Usa adottino rapidamente qualche correttivo quantomeno per sanare le falle più vistose: maggiore trasparenza delle operazioni almeno nei confronti degli alleati, limitazione dei tempi di stoccaggio delle informazioni, nuove tecnologie che consentano a monte una selezione mirata delle informazioni utili. E più oltre, l’avvio di una collaborazione sistemica tra europei e americani finalizzata all’elaborazione di standard comuni, uno “spazio comune” in tema di sicurezza informatica.

L’allarme terrorismo è più attuale che mai e la partita troppo vitale per l’Occidente per non cogliere l’opportunità di un chiarimento che porti al rafforzamento delle alleanze tradizionali. Al Consiglio europeo di ottobre, un’iniziativa è stata annunciata da Germania e Francia in tal senso. Che sia scattata l’ora della condivisione?

Il caso Snowden parrebbe, in ogni caso, aver avuto l’effetto di minare la dominanza Usa in tema di sicurezza informatica nel mondo. E si spinge a prefigurare un “rebalancing” anche in questo settore, come già avvenuto per l’economia e i commerci, trainato da Brasile e altri Brics. Snowden potrebbe aver offerto un’occasione d’oro ai “nuovi arrivati”, ai quali certo non sfugge che chi controlla Internet controlla il mondo.

Laura Mirachian è Ambasciatore, già Rappresentante Permanente presso Nazioni Unite e Organizzazioni Internazionali a Ginevra.
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