Master in
“TERRORISMO E ANTITERRORISMO INTERNAZIONALE”
Terrorismo. i campi di concentramento in Cina
ANNO ACCADEMICO 2023/2024
La rivoluzione culturale
La
rivoluzione culturale invocata da Mao Tse Tung del 1966, trova la sua giustificazione
nel dissidio tra URSS e Cina e si instaurò alla base dei cambiamenti che
avvennero in Cina tra il 1966-68: il fallimento del Grande Balzo aveva generato
delle discrepanze all’interno del partito che fecero capo con Liu Shaoqi alla
guida della Nazione. La data di svolta è il 1 giugno 1966, quando egli spinse
le nuove generazioni a ribellarsi contro “i quattro vecchiumi” del partito
accusati di aver intrapreso la via capitalistica, cioè a ribellarsi contro le
vecchie idee, culture, abitudini e comportamenti. Questa mobilitazione portò
ad una rivoluzione culturale, il cui obiettivo era quello di trasformare le
struttura sociale cinese e perseguire i nemici politici dello Stato attraverso
il sostegno del Movimento delle Guardie Rosse. Il Movimento delle Guardie Rosse
fu fondato nel 1966 nelle scuole e nelle università di Pechino e fu ben presto
espanso nel resto della Cina. Questa rivoluzione coinvolse milioni di giovani
estremisti che volevano eliminare il Partito e tutti i residui ideologici che non
fossero in linea con le idee di Mao.
I
loro primi interventi mirarono a saccheggiare le case delle famiglie
benestanti, rovinando tutto ciò che trovavano per la strada, e successivamente
iniziano anche a distruggere i beni culturali parte del patrimonio cinese,
attaccavano chiunque gli si ponesse contro.
Alla
fine del 1966, le Guardie Rosse avevano le redini dello Stato e stavano
perseguitando tutti coloro che prima del 1949 erano stati proprietari terrieri
o membri del Partito Nazionalista Cinese.
A livello economico ci furono grandi conseguenze, in particolare per
l’agricoltura e l’industria. Fallì inoltre il sistema educativo, in quanto la
rivoluzione portò ad uno sconvolgimento a livello scolastico, infatti scuole e
istituti furono scombussolate, le lezioni regolari, dopo l’arrivo dell’esercito
nel 1969, furono sospese e gli insegnanti furono oggetto di critiche. Al
termine della scuola secondaria, in media, un cinese conosceva intorno ai 2000
caratteri rispetto ai 3000 di coloro che frequentavano le scuole nel periodo
precedente alla rivoluzione.
Inoltre,
alla fine del programma di rieducazione ben 18 milioni di cinesi erano stati
trasferiti nelle campagne per lavorare i campi.
Alla
morte di Mao Tse-Tung il 9 settembre 1976, seguirono due anni di instabilità
politica e di lotte interne al Partito Comunista Cinese che sfociarono nella
vittoria riformista e portarono al potere Deng XiaoPing; egli fece approvare
“La politica di riforme e Apertura economica” e decise di avviare alcuni
cambiamenti che portarono la Cina ad aprirsi al mercato estero e di integrarsi
nell’economia internazionale, decise di riorganizzare l’agricoltura per
l’ennesima volta, oltre alla pianificazione industriale, l’organizzazione
militare e cercò inoltre di aprirsi verso la libertà d’impresa. Da un lato
voleva richiamare gli investimenti esteri diretti per favorire la nascita di
nuove imprese private e di joint venture; dall’altra voleva accumulare valuta
tramite l’export per permettere alle imprese statali di acquistare tecnologie
straniere.
Quest’apertura
dell’economia cinese verso l’estero e la possibilità di scambi con l’occidente
furono ovviamente regolamentate dal partito comunista, che mantenne comunque
rigido il controllo della Nazione, limitò le libertà, ma riuscirono comunque
ad accedere a grandi vantaggi provenienti dall’estero, tra cui tra cui
l’accesso a nuove tecnologie, idee e culture nuove.
A
tale scopo, tra il 1979 e il 1980, il governo cinese ha approvato la creazione
di 4 zone economiche speciali a Shenzhen, Zhuhai, Shantou e Xiamen ed ebbero
davvero un grande successo, a tal punto che le autorità cinesi si sentirono di
espandere ulteriormente il processo di apertura verso l’estero e fondano o
altre 14 zone economiche speciali.
Gli
scontri con i movimenti d’opposizione, in particolare quelli studenteschi,
rimasero, e il governo cinese sentì la necessità di contrastare brutalmente
tali movimenti fino al 1989, quando le proteste iniziarono ad infuocarsi ancora
di più e le critiche si inasprirono ulteriormente: la “protesta di piazza
Tienanmen” fu l’apice di questi scontri, ebbe luogo in Piazza Tienanmen a
Pechino dal 15 aprile al 4 giugno 1989, culminato in un massacro.